L’emergenza sanitaria in corso ha destabilizzato le dinamiche delle famiglie divise, favorendo i contrasti sulla gestione dei figli.
La situazione di incertezza, dovuta alle difficoltà interpretative dei diversi interventi normativi, ha determinato, in alcuni casi, un acuirsi di situazioni già conflittuali.
Le restrizioni governative sugli spostamenti per contenere l’epidemia hanno costretto i Tribunali a bilanciare i diritti del minore alla bigenitorialità e alla salute.
Si è posto fin da subito all’attenzione il problema dell’incidenza della normativa emergenziale rispetto alla disciplina relativa ai rapporti fra figli e genitori separati, contenuta in provvedimenti provvisori o definitivi, emessi in giudizi di separazione, divorzio, affidamento o modifiche degli stessi.
Se, infatti, l’emergenza sanitaria può essere invocata per giustificare il mancato esercizio di visita da parte del genitore non collocatario, è altrettanto vero che non può costituire una scusa per impedire di vedere i figli e ciò soprattutto in assenza di un provvedimento eventualmente modificativo di quello già in essere.
Vi è, inoltre, l’esigenza di tutelare i genitori medesimi da possibili sanzioni per effetto degli spostamenti.
Da una parte vi è il timore di esporre i figli al contagio e dall’altra quello che si strumentalizzi la situazione per escludere l’ex dalla loro vita.
In tema di affido e collocamento dei minori si è già formata giurisprudenza a tutela della salvaguardia del diritto di visita dei genitori.
Il Tribunale di Milano, con provvedimento reso in via d’urgenza l’11 marzo 2020, ha rigettato l’istanza di un genitore volta ad ottenere la limitazione del diritto di visita dell’altro in ragione della situazione derivante dalla pandemia di COVID-19 e del rischio di contagio. Il Tribunale si è pronunciato inaudita altera parte disponendo di attenersi alle prescrizioni di cui al verbale di separazione consensuale, ritenendo vincolante, ai fini del collocamento e frequentazioni con il padre, il predetto accordo, motivando che i decreti ministeriali dell’8 e del 9 marzo non vietano l’esercizio di tale diritto.
Altrove, però, i giudici hanno iniziato a pronunciarsi in senso diverso: sospensione degli incontri protetti (Tribunale di Matera, 12 marzo 2020), sostituiti da video call o collegamenti Skype con il genitore non convivente (Corte di Appello di Lecce, 20 marzo 2020).
Il Dpcm del 22 marzo ha, poi, bloccato gli spostamenti tra Comuni diversi, salvo che per comprovate esigenze lavorative, assoluta urgenza o ragioni di salute. È il lockdown, confermato dal Dpcm del 10 aprile 2020, che consolida il trend giurisprudenziale della prevalenza del benessere fisico dei minori.
Così, si sono moltiplicati i provvedimenti che hanno reputato necessario interrompere gli incontri: “Sul diritto di visita del padre prevale la tutela del diritto alla salute del minore, per cui è legittimo interrompere le visite al figlio, fino al superamento dell’emergenza epidemiologica da coronavirus in corso; sarà possibile sopperire a tale situazione, utilizzando videochiamate o Skype”. Questo è quanto precisato dal Tribunale di Bari nell’ordinanza depositata il 26 marzo 2020.
Analogamente il Tribunale di Napoli, 26 marzo 2020, Est. Imperiali, ha ritenuto che, nell’attuale contesto di divieti alla circolazione imposti dalla normativa nazionale e regionale, la disciplina delle visite non potesse più prevedere gli spostamenti dei minori, né, di fatto, le frequentazioni presso il domicilio del genitore collocatario. Accogliendo l’istanza di sospensione avanzata dalla madre collocataria, il Tribunale partenopeo ha disposto che la frequentazione genitori-figli fosse assicurata con colloqui da remoto mediante videochiamata).
Giova, però, rilevare che i collegamenti da remoto sono soluzioni da adottare solo se non sia possibile incontrare i figli in sicurezza.
Le proroghe delle attuali restrizioni al 13 aprile 2020, poi successivamente al 3 maggio, hanno visto, contestualmente, un intervento, da molti auspicato, da parte del Governo.
Nelle FAQ pubblicate sul sito istituzionale lo scorso 2 aprile si legge: «Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori».
Si chiarisce, quindi, la legittimità degli spostamenti tra Comuni diversi, considerando anche equipollente al provvedimento del Giudice, lo scambio di accordi tra genitori o tra i rispettivi legali.
Un primo segnale in tal senso era percepibile con l’inserimento nell’ultimo modello di autodichiarazione, tra i vari motivi legittimanti gli spostamenti, degli “obblighi di affidamento di minori”.
Il diritto alla salute può considerarsi di uguale importanza rispetto ad altri diritti fondamentali, come quello alle relazioni familiari, ancor di più in un momento che mette a dura prova anche l’equilibrio psicofisico dei figli minori.
Resta in ogni caso centrale il principio del superiore interesse del minore.
Le soluzioni devono essere fondate sul buon senso e sulla ragionevolezza, considerando le specificità del caso concreto, evitando di esporre i minori a situazioni di potenziale maggior rischio.