Esecuzione immobiliare e certificazione ultraventennale

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L’art. 567, comma 2, c.p.c. prescrive al creditore procedente in un’esecuzione immobiliare di:

  • allegare la documentazione utile ad accertare che l’esecutato sia titolare del diritto pignorato e l’intestatario catastale dell’immobile staggito;
  • controllare il rispetto del principio di continuità delle trascrizioni;
  • esaminare gli atti trascritti o iscritti a suo carico.

Per rendere completa tale documentazione, occorre che il bene appartenga al debitore esecutato in virtù di titoli ventennali regolarmente trascritti, ovvero in forza di una serie continua di trascrizioni a partire da un atto inter vivos anteriore al ventennio precedente la trascrizione del pignoramento.
Per atto inter vivos deve intendersi ogni atto traslativo della proprietà ex art. 2643 c.c.
Il termine di 60 giorni concesso dall’art. 567 c.p.c. per il deposito della documentazione in esame può essere prorogato una sola volta per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriori 60 giorni.
Un termine di 60 giorni può inoltre essere concesso dal Giudice dell’Esecuzione quando lo stesso ritiene che la documentazione depositata debba essere completata.
Se la proroga non è richiesta o non è concessa, oppure se la documentazione non è integrata nel termine assegnato può essere dichiarata l’inefficacia del pignoramento anche d’ufficio.

La ratio

La ratio sottesa al deposito di tale documentazione è che con un grado di ragionevole probabilità i beni oggetto dell’esecuzione devono appartenere al debitore e devono essere correttamente individuati i diritti spettanti e gli eventuali gravami sui medesimi beni.
Nel caso in cui sia pignorato, assegnato e trasferito un bene non di titolarità del debitore o del terzo garante, il vero titolare potrà rivendicarlo contro l’assegnatario con conseguente applicazione della disciplina della evizione di cui all’art. 2927 c.c. ai sensi del quale «l’assegnatario, se subisce l’evizione della cosa, ha diritto di ripetere quanto ha pagato agli altri creditori, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese».
Il principio di carattere sostanziale sopra enunciato deve, però, adeguarsi alla necessità che il procedimento esecutivo si svolga in tempi non eccessivamente lunghi al fine di non vanificare la legittima aspettativa del creditore a vedere tempestivamente soddisfatto il proprio credito.
Nell’ambito del procedimento esecutivo è, quindi, sufficiente una dimostrazione solo presuntiva e formale della appartenenza del bene mediante produzione delle risultanze delle indagini effettuate al catasto ed ai registri immobiliari.
Anche se l’art. 567 c.p.c. parla di ventennio, la certificazione ipocatastale o la relazione notarile non possono essere limitati al ventennio, ma devono risalire almeno al primo acquisto anteriore a tale periodo.
Ad avviso della Suprema Corte, infatti, il mancato deposito dell’atto di acquisto ultraventennale, ancorché non compreso nel dato testuale dell’art. 567, comma 2, c.p.c., determina la chiusura anticipata del processo esecutivo in corso, non già la estinzione tipica della procedura.
Risalire all’ultimo acquisto idoneamente trascritto anteriore al ventennio è necessario per fornire un grado di attendibilità alle risultanze infraventennali: “In tema di espropriazione forzata immobiliare, è doverosa la richiesta, da parte del Giudice dell’Esecuzione ai fini della vendita forzata, della certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato appaia di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d’idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto precedente al ventennio a decorrere dalla stessa. All’ordinanza di richiesta del primo atto di acquisto ultraventennale effettuata dal giudice dell’esecuzione si applica il regime degli artt. 484, 175, 152, 154, cod. proc. civ., e alla mancata produzione del suddetto titolo, imputabile al soggetto richiesto, consegue la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo” (Cass. Civ., sentenza n. 15597/2019).
In conclusione, la Corte di Cassazione ha inteso valorizzare la tutela dell’aggiudicatario e la stabilità della procedura esecutiva, giungendo a prefigurare un’inedita ipotesi di estinzione atipica della procedura esecutiva tutte le volte in cui dalla documentazione prodotta dal creditore (vale a dire quella indicata dall’art. 567, comma 2, c.p.c. cui si aggiunge l’atto di acquisto ultraventennale) non si ricavi con ragionevole certezza l’appartenenza del diritto staggito in capo al debitore esecutato.

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